Blue Monday: che cos’è?
Gennaio è un mese di buoni propositi ma anche di piccoli cambiamenti che possono scombussolare una famiglia, bambini compresi.
Il Blue Monday si celebra il terzo lunedì di gennaio e viene considerato ormai da diversi anni il giorno più triste dell’anno.
Ma a cosa deve questo spiacevole primato?
La storia del Blue Monday
Il teorico al quale si attribuisce la nascita di questa ricorrenza curiosa, sentita soprattutto in Gran Bretagna, si chiama Cliff Arnall. La distruzione della sua equazione è comparsa nel 2013 sul The Guardian con una spiegazione che puntava a capovolgere l’idea di vista dello scienziato. Fino a quel momento però la versione di Arnall era stata considerata realistica in tutto il mondo: all’epoca del lancio era d’altronde un ricercatore dell’Università di Cardiff, dunque un membro autorevole della comunità scientifica.
La sua equazione del Blue Monday è comparsa per la prima volta nel 2005 con uno studio firmato proprio da lui. In questo studio si diceva che il terzo lunedì di gennaio è il giorno perfetto per individuare quello con il più alto grado di depressione, soprattutto negli adulti.
Il problema di questo lunedì è che si trova a netta distanza dal “giorno di ultima paga” (che è comunque un dato variabile, che cambia non solo da paese a paese ma persino a seconda dell’azienda!), dai giorni di festa più vicini, dal “numero di notti passate in casa nel mese e “il numero di ore diurne medie”. Incrociando questi dati, Arnall era arrivato a definire il terzo lunedì di gennaio come il giorno più triste dell’anno.
Ma questa storia ha basi scientifiche? Assolutamente no: Arnall ha firmato lo studio per un progetto di marketing di SKY, uscito nel 2005: un’iniziativa studiata proprio per convincere le persone che quella tristezza invernale, quella malinconia che arriva spesso dopo le feste di Natale, abbia in realtà un fondamento scientifico. Abbiamo già visto che ce l’ha: in psicologica i Seasonal Affective Disorders sono studiati da anni e analizzano l’influsso del cambio di stagione sull’umore. In questo caso però la trovata del Blue Monday non ha basi scientifiche e l’equazione teorizzata da Arnall è stata costruita a tavolino, come lui stesso ha ammesso, a scopi pubblicitari.
Il Blue Monday non ha basi scientifiche, non è frutto di un’equazione e la tristezza di gennaio è legata più a fattori ambientali e soggettivi che non a un intricato risultato frutto di calcoli.
Esistono però delle derive psicologiche, a cui possono essere soggetti anche i bambini piccoli, che proprio con il cambio di stagione subiscono un’impennata.
Il caso del winter blues è emblematico, così come la tristezza della fine dell’estate e del back to school. Come si legge nella ricerca “Seasonal Affective Disorder: An Overview” pubblicata sul The Journal of Biological and Medical Rhythm Research, questa forma di disturbo affettivo stagionale ha grossi legami con la depressione, che si acuisce proprio alla fine dell’estate e tocca il picco dopo il Natale.
In questo caso le basi scientifiche ci sono, sono studiate approfonditamente da decenni e non hanno nulla a che fare con la leggenda del Blue Monday, che è invece una trovata di marketing per dare una spiegazione più basica e popolare alle domande che ci poniamo su sbalzi di umore e piccoli momenti di tristezza del periodo invernale.
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